Le ricerche di Boccaccini sono rivolte al recupero e alla rappresentazione razionale di precarie forme che si sviluppano caoticamente, attraverso misteriosi processi, tra le pieghe oscure dell'inconscio. Dalla oscurità queste forme sono riesumate con una grafia convulsa e intensa, ma anche con un progetto fortemente meditato.
La figura umana che quasi sempre fa capolino, tra la grande massa di queste forme geometricamente ripensate e ricomposte nel foglio con dinamici percorsi, è appena la memoria, un labile ricordo iconografico che si esprime nell'occhio umido di invocazione di luce e di liberazione.
Se l'impressione prima che suscita questa pittura potrebbe essere fascinosa, per l'incanto della perfezione del geometrismo figurativo, ad una lettura più approfondita questa sensazione si perde quasi completamente per dar posto ad una esperienza tutta umana immersa nel pensiero e nel dolore. Allora l'emergenza figurativa riconduce al suo significato di ricerca nella psiche oscura e tormentata, dove la sensazione ed il pensiero espandono fitte ondate di tristezza e di malinconia. Questa immagine dell'uomo, faticosa nel suo momento di essere, crea un rapporto pittorico capace di risolvere quella dialettica in termini di realismo fantastico che recupera una situazione esistenziale nell'unità organica delle contraddizioni e dei pensieri, dei desideri, della gioia, e del dolore, del sogno e della realtà. È un gioco questo di Boccaccini che l'artista non allunga mai oltre lo spazio di questi contrasti dell'esitstenza umana, oltre quello che si dice l'esperienza del dolore di amare e di pensare dell'uomo intellettuale. Non pare perciò che questa pittura possa definirsi in termini surreali semplicemente, o anche in simbologie geometriche, seppure certe assonanze e procedimenti linguistici e massicce sinuosità matematiche rimandino a questo modo e a questo mondo immaginario di sogni creativi. La ricchezza, quasi sovrabbondante, dell'impianto scenico, complesso e barocco, non disturba il rigore dell'andamento compositivo, perché la grafia pulita, ordinata, organica, scandisce l'intreccio intenso degli ambienti scenici con ritmi luminosi che ne evidenzia, allo stesso tempo, l'autonomia della singola forma e l'esigenza interiore dell'insieme all'interazione e al completamento.
Si tratta quindi di un racconto, non semplicemente di una motivazione ornamentale; un racconto che non rimanda fuori dell'uomo ma sviluppa quelle esasperate esperienze interiori con soluzioni analogiche che ricorrono non ai mezzi usuali di espressione pittorica ma a rimandi filologici lucidi e onirici. L'artista quindi non inventa la situazione, ma rifiutando il patrimonio visivo e sensazionale, costruisce una personale iconografia, capace di sviluppi sempre più validi ed inediti.
Stefano Troiani
Boccaccini's research focuses on remodelling and rationally representing precarious forms chaotically developed in the dark folds of the subconscious through mysterious processes.
These forms are exhumed from the darkness with a disjointed and intense handwriting, but also with a highly conscious project. The human figure that almost always emerges among these many forms geometrically redesigned and recomposed on the sheet of paper with dynamic routes, is just the memory, an ephemeral iconographic reminder expressed in the eye wet with invocation of light and liberation.
Whereas the first impression this painting raises could be fascinating due to the charm of the perfect figurative geometrism, after a more careful reading this feeling is almost completely lost to make way to an exclusively human experience immersed in thought and in pain.
Then the figurative emergency leads back to its search meaning in the dark and tormented psyche, where the feeling and the thought expand thick waves of sadness and melancholy. This image of the man, tiring in its own being, creates a pictorial relation able to solve that dialectic in terms of fantastic realism that recovers an existential situation in the organic unity of contradictions and thoughts, desires, joy and pain, dream and reality.
This game the artist plays never trespasses the space of these human existential contrasts, beyond the experience of the intellectual man's pain of loving and thinking.
For this reason it doesn’t seem that Bocaccini’s painting can be defined simply as surreal, or even according to geometric symbolism, although certain similarities and linguistic processes and massive mathematical sinuousities refer to this imaginary world of creative dreams.
The overabundant richness of the scenic structure, complex and baroque, does not disturb the rigorous compositional style, because the clean, neat, organic, handwriting marks the intense interweaving of scenic environments with bright rhythms highlighting at the same time the autonomy of the single form and the inner need of the whole for interaction and completion. So this is a narrative, not merely an ornamental motivation; a narrative which develops those exasperated inner experiences with analog solutions that do not resort to the usual means of artistic pictorial expression but to lucid and dreamlike philological references.
Therefore the artist does not invent the situation, but by rejecting the visual and dramatic heritage, he builds a personal iconography, capable of increasingly valid and innovative developments.
Stefano Troiani
Segni impercettibili retti da contorni che stanno a confermare, ancora una volta, la paura dell'essere e della solitudine.
Segni comunque ricchi della forza che il tempo e il destino hanno esercitato su pietre secolari.
Era inevitabile quale reazione poteva scaturire da Marcello al contatto di una esperienza così complessa quanto insolita; certamente insolita perché a viverla è un artista nel pieno delle sue forze costruttive.
Mi disse di preparare una presentazione alla sua ultima opera, un'opera che non conoscevo affatto, un'opera che egli mi descrisse prima ancora di concepirla. Una richiesta che solo ad un amico si può fare. Con sincerità confesso che non mi interessava il lavoro in se stesso, quanto la creazione scaturita dal nuovo contatto emotivo.
Avrebbe potuto rappresentare qualsiasi cosa, qualsiasi riferimento di immagini e colori, di sensazioni o di esperienze, di ricordi o di visioni future; e con arte sapiente, ha voluto unire i contorni umani di una fatalità da lui intensamente vissuta. Perché la figura umana è obbligata a reggere "secoli di storia"? L'artista improvvisamente solo, non ha potuto rinunciare ad una creazione altamente emozionale e al contempo equilibrata attraverso il senso di continuità che è la base dell'opera stessa. Certamente un'opera d'arte, ma soprattutto grida di angoscia, di protesta ferma e liberatoria, di omaggio e, per un attimo, di olocausto mentale.
Non cerchiamo affannosamente di scoprire quali forze misteriose quanto affascinanti elaborazioni fanno di un uomo un artista, il quale esprimerà durante la sua esistenza una pittura orbitante e linee itineranti alle soglie del vuoto; di certo non conosceremo mai e, per meraviglia, non ci interessa conoscere il magico sistema strumentale che ripropone da sempre l'emozione profonda di sensazioni mai vissute. Sembra che Marcello voglia misurare la sua forza per dimostrarci la sua capacità di trasmettere messaggi di sintesi. Egli è già padrone dei segni che ogni volta lo introducono nel pensiero con estrema facilità, ma soprattutto con quella convinzione e validità che, sinceramente, lascia perplessi quanto soddisfatti. Marcello in sintesi è capace di aprirsi a tutte le nuove sollecitazioni dell'ambiente ma al tempo stesso è in grado di ristabilire, ad ogni urto dovuto a novità, l'equilibrio organico su cui si regge, nuove acquisizioni per un nuovo sistema di comportamenti spontanei e riflessi.
Voglio rilevare, e mi sembra giusto, l'equilibrio commotivo che facilita l'entrata e l'assorbimento di nuove esperienze, ma non distoglie la forza ritmica rispettando l'intimo dell'artista.
Che la vita sia felicità o infelicità, quando la si vive intensamente e la si mette allo sbaraglio, quando si vive cioè e non si ragiona sulla vita, si può ritrovare per un attimo una condizione di felice inconsapevolezza.
Così senza accorgersene, Marcello possiede di già il passaporto per la vita, un documento di liberazione e continuità. E' semplicemente fantastico e bizzarro il sistema di aggancio, o per meglio dire, di pretesto con il quale l'uomo diventa artista, tracciando la linea del pensiero e racchiudendo per un istante il dolore che non gli appartiene ma che già dentro ha scavato ed ha acceso mille falò di memoria con ardente fantasia. Sono semplicemente spettacolari questi accordi senza suoni che l'artista riesce ad emettere, preparando così i suoi pensieri al futuro che già conosce e al passato che non potrà mai abbandonare perché fonte di proiezione. Marcello Boccaccini ha la forza di costruzione artistica pienamente attivi, ma non per questo la sua sicurezza del segno non subirà mutamenti; la sua trasformazione è da sempre un fatto altamente poetico, ovvero le sue tappe ed i suoi primi traguardi sono il futuro di cambiamenti mentali, spirituali, artistici e professionali.
Marcello è già purificato nelle linee, è già pronto per verificare le metamorfosi del mondo, e quindi la sua arte non dovrà fare altro che avvicinare il concetto lirico ancora una volta nell'uomo proiettato: "il sonno della crescita…così di nuovo bambino "Io Uomo" rivivrò un'arcana esistenza".
Massimo Rivoiro
Unperceivable signs ruled by contours that confirm, once again, the fear of being and loneliness.
Signs yet full of that strength time and fate have exercised on centuries-old stones. From Marcello a reaction was inevitable when meeting such a complex and unusual experience; certainly unusual because it was an artist to his fullest constructive powers who was living it.
He asked me to write a presentation to his latest work, a work I was not familiar with at all, a work he described to me before it was even conceived. A request you would make exclusively to a friend. Honestly I was not as much interested in the work itself, as in the creation arisen from the new emotional contact. He could have represented anything, and referred to any image or colour, sensation or experience, memory or future vision; and he wisely decided to unite the human contours of a fatality he had intensely experienced.
Why is the human figure compelled to bear "centuries of history"? Suddenly alone, the artist could not forgo a highly emotional and yet balanced creation thanks to the sense of continuity which is the basis of the work itself.
Undoubtedly a work of art, but above all a cry of anguish, of determined and liberating protest, of homage and, for an instant, of mental holocaust. We should not desperately try to find out what mysterious forces and fascinating elaborations make a man an artist, who will express an orbiting painting and itinerant lines on the threshold of the void during his existence; certainly we will never know and, surprisingly, we do not care to know the magical instrumental system that has always proposed the deep emotion of unexperienced sensations. It seems that Marcello wants to measure his strength to prove his ability to transmit messages of synthesis.
He is already master of those signs that every time let him enter into the thought with utmost easiness, but especially with that conviction and validity that, frankly, make you puzzled as much as satisfied. In brief Marcello can open himself to all the new stimuli of the environment but at the same time, every time he bumps into something new, he is able to re-establish an organic balance on which he stands, new acquisitions for a new system of spontaneous and reflected behaviors. I want to fairly underline the concussive balance that facilitates the entry and absorption of new experiences, but does not distract the rhythmic force by respecting the artist’s soul. Whether happy or unhappy, when you live intensely and jeopardize your life, when you live and do not speculate upon life, you can find for a moment a state of happy unawareness. So without realizing it, Marcello has already got the passport for life, a document of liberation and continuity. The way the man becomes artist is just fantastic and bizarre, by tracing the line of thought and enclosing for a moment the pain that does not belong to him but has already dug inside and lit a thousand bonfires of memory with burning imagination. These soundless chords the artist produces are just spectacular, thus preparing his thoughts to the future he already knows and the past he will never abandon as it is a source of projection. Marcello Boccaccini's strength of artistic construction is fully active, yet the confidence of his sign will undergo changes; his transformation has always been a highly poetic fact, i.e. his steps and first goals are the future of mental, spiritual, artistic and professional changes.
Marcello is already purified in the lines, he is ready to test the metamorphoses of the world, so his art will do nothing else but once more bring the lyrical concept in the projected man: "The slumber of growth... so, a child again, "I Man" shall experience a new arcane existence."
Massimo Rivoiro
Parlare di un amico con cui si sono condivise tante esperienze anche professionali non mi è facile, ho l’impressione di avere tanti ricordi e informazioni da riordinare per una, seppur breve, corretta presentazione del suo lavoro.
Mi limiterò allora ad alcune brevi impressioni che spero “mettano a fuoco” il suo sguardo unitamente al lungo percorso professionale che lo ha portato a questa esperienza espositiva. Al di là delle specifiche professionali di Marcel Gave, grafico di lunga esperienza, un primo profilo per inquadrarlo in questa sua “prima” esperienza espositiva, dopo quarant’anni dalla sua ultima, è di separarlo dalla figura del fotografo, sebbene la fotografia comprenda qualsiasi esperienza di gestione e controllo dei flussi di luce, inclusa ovviamente quella “camera chiara” che è il monitor.
E proprio il monitor, interfaccia alla quale ormai si affida ogni utente per le proprie attività, è stato, per Marcello, strumento visivo indispensabile già in tempi in cui tale interfaccia era assai poco “amichevole”.
Si consideri che le tecnologie di prima generazione erano ancora complesse rispetto alle attuali: non era ancora avvenuto il passaggio al digitale e la computer grafica professionale richiedeva conoscenze e tempi di produzione differenti; Marcello ha iniziato a utilizzare applicativi per l’elaborazione dell’immagine quando ai più erano sconosciuti.
Fin dai primi anni ’80 si affidava a quei pochi studi grafici dotati di Macintosh.
Il passaggio dal design all’arte (e penso subito a Munari) è stato naturale per molti professionisti e così è stato anche per lui. Anzi, Marcello ha iniziato a fare esperienze artistiche da molto giovane, guardando in particolare alla op art e alla grafica con implicazioni architettoniche e geometriche; di qui un suo attento sguardo ad autori come Escher.
Ora, come artista digitale, approda dopo altre sperimentazioni artistiche, alla serie di lavori presenti in mostra.
Lui si inserisce nel mezzo del procedimento che normalmente con un fotografo inizia dall’acquisizione, dallo scatto, per poi terminare con l’editing. Ricordo che con la stessa metodologia realizzò l’animart di Coniugati (1995) - un mio lavoro fotografico costituito da due immagini - che lo impegnò moltissimo. Si trattò di un vero e proprio intervento chirurgico con bisturi digitale, dove elementi dell’originale vennero clonati e ricostruiti fino a ricreare uno spazio virtuale nel quale ciò che è immobile si metteva in movimento. Perciò Marcello non riprende ma “preleva”, da grafico sperimentatore, quale appunto è, preleva e sottrae frammenti di immagini fotografiche per elaborarle digitalmente e raggiungere l’effetto desiderato.
Passando a queste opere di digital art si nota che il denominatore comune sono le destrutturazioni del soggetto come un editing genetico e forbici molecolari, microimpalcature simili a ragnatele geometriche, a elementi che sembrano “schizzare” pittoricamente dove gli artefatti sono ora nitidi ora vaporosi, poi ancora effetti applicati a soggetti che si “muovono” nel movimento, come “Butterfly”; luminescenze, sovrapposizioni e trasparenze: quegli stessi effetti velvia di origine fotografica. Poi invece, nei ritratti si assiste a una decelerazione che fa emergere e apparire tutti gli altri statici e silenziosi, intenzionalmente lontani nel tempo. Ma nei ritratti immersi tra labirinti di linee concentriche, si fanno più evidenti i richiami op di Vasarely e Riley e gli “ornamentali” di stampo escheriano. Qui si ritrova quel Marcello che da ragazzo si interessava ai fenomeni della percezione visiva e alla gestaltica, che disegnava e amava quell’Escher delle “metamorfosi” ma anche il ricordo delle acqueforti, incisioni, serigrafie dei suoi albori.
Di nuovo oggi, attrezzato degli strumenti a lui congeniali lo hanno ri-condotto fin qui a ri-trattare digitando. In sintesi Marcello è prima di tutto professionista visivo che non abbandona mai la finalità, il “progetto”, e che, anche nel produrre immagini artistiche, guarda all’arredamento come alle location virtuali: è un uomo in corsa, una corsa esistenziale nella quale ad accompagnarlo c’è sempre l’orizzonte in continuo mutamento.
Giampiero Barchiesi